E’ il 2023 a cui, da subito, bisogna porre la mente.
In effetti a metà di questo anno la debolezza del quadro congiunturale e l’incertezza delle prospettive economiche hanno portato ad una revisione al ribasso delle proiezioni della redditività delle imprese, per le quali prima della crisi ci si attendeva un’inversione di tendenza rispetto alla bassa crescita registrata nel 2019. Vari rapporti indicano un forte rallentamento del tasso di crescita del margine operativo (EBIT), che nel 2020 dovrebbe contrarsi di 10 punti percentuali per le società europee (-3% nel 2019) e 20 punti percentuali per le imprese italiane (-10% nel 2019). In linea con la dinamica dell’EBIT, nel 2020 il ROE, già fermo nell’anno precedente, si attesterebbe al 10% per le società europee (dal 12% nel 2019) e all’1% per le imprese italiane (11% nel 2019).
Questo sancisce il momento di difficoltà “ormai” acclarato, ma pone quesiti sui tempi di ripartenza, anche in ottica di flussi finanziari.
Per quanto riguarda infatti la struttura finanziaria, dopo una fase di riduzione dell’incidenza dei debiti totali sul capitale, nell’ultimo biennio il leverage delle imprese italiane e, in misura inferiore, di quelle europee ha mostrato una inversione di tendenza in termini aggregati; abbiamo assistito ad un deterioramento delle condizioni reddituali e finanziarie nel corso degli anni.
Confrontando la media degli ultimi 10 anni con i dati di fine 2019, le società europee e quelle italiane appaiono in una posizione nel complesso simile, salvo alcune eccezioni che riflettono le peggiori condizioni di partenza. In circa un quarto dei casi, ricavi, EBIT e liquidità alla fine del 2019 risultano inferiori alla media decennale per entrambi i gruppi di società, mentre le evidenze relative alla redditività e alla leva finanziaria appaiono migliori per le società italiane.
Partendo quindi da redditività, struttura finanziaria e liquidità, si possono classificare le imprese a seconda del numero di indicatori di robustezza soddisfatti. La percentuale di società europee che soddisfano contestualmente tutti i criteri di robustezza è pari all’11%, più che doppia rispetto alla analoga quota di società domestiche (5%). Viceversa, la percentuale di imprese italiane che presentano contestualmente più elementi di debolezza è pari al 29%, significativamente più elevata rispetto al dato europeo (8%).
In questo contesto non propriamente roseo vanno inserite le considerazioni sui riflessi delle politiche di sostegno all’economia in era Covi19. Questi interventi hanno fra l’altro previsto moratorie sui prestiti (solo interessi per 16/18 mesi) e finanziamenti in diverse forme (normalmente 6 anni con 2 di preammortamento), che hanno come termine di ripartenza intorno a fine 2022. Ma gli impatti forti saranno nel 2023, quando tutta la massa di finanza messa a disposizione per non far crollare il tutto, inizierà a riprendere il normale ciclo; qui le imprese dovranno essere pronte a sostenere i piani di ammortamento dei prestiti.
Da subito va iniziato a predisporre programmi, forecast, piani operativi e finanziari per arrivare al 2023 pronti e strutturati.
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