Il provvedimento (decreto n. 603/2019 RGNR) con cui il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Como dispone l’archiviazione del procedimento a carico di una società indagata ai sensi dell’art. 25, comma 2, del D.Lgs 231/2001 per episodi di corruzione commessi dal Presidente e dall’Amministratore Delegato della società propone spunti di riflessione molto interessanti.
Il fatto: le suddette figure apicali erano state condannate per reati di corruzione verso funzionari dell’Agenzia delle Entrate con lo scopo di ottenere riduzioni delle pretese erariali e un occhio benevolo nelle verifiche fiscali in corso. La società veniva quindi perseguita ai sensi del D.Lgs. 231/2001 in relazione al reato commesso dal Presidente e dall’Amministratore Delegato.
Elusione fraudolenta dei controlli: la società era dotata di un efficace Modello Organizzativo con idonee procedure e controlli operativi anche per i reati contro la Pubblica Amministrazione ma il pagamento delle tangenti ed il relativo accordo si erano compiuti con fondi personali degli indagati e avvalendosi di professionisti estranei all’ente per l’attività di mediazione corruttiva.
Inoltre l’Organismo di Vigilanza della società si era immediatamente attivato alla notizia di apertura delle indagini eseguendo un audit interno e acquisendo tutte le informazioni possibili nonché i verbali di interrogatorio così come il Collegio Sindacale che era intervenuto chiedendo adeguati accantonamenti per le sanzioni.
Il Pubblico Ministero ha così ravvisato il fatto che il Presidente e l’amministratore Delegato abbiano raggirato i controlli e le procedure interne poste a presidio del Modello Organizzativo e ha rilevato l’estraneità della società posto che prima dei fatti contestati era stato adottato e attuato un Modello di Organizzazione atto a prevenire i reati poi verificatesi e affidato ad un Organismo di Vigilanza dotato di iniziativa e autonomia nei controlli tali da non poter contestare omissioni o insufficienza di vigilanza.
Tali motivazioni non fanno che ribadire il concetto che l’adozione preventiva di un adeguato modello organizzativo atto a prevenire i reati di cui al D.Lgs. 231/2001 è il primo indispensabile passo per tenere distinta la colpevolezza della persona fisica da quella dell’ente a proposito del quale non è possibile parlare di responsabilità oggettiva.
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