E’ bastato un gesto di un noto calciatore europeo per far perdere 4 miliardi di capitalizzazione ad un’altrettanta nota multinazionale di bevande: valore andato in fumo o meglio affogato in un bicchier d’acqua.
Ci si chiederà allora cos’è e da cosa dipenda il valore di un’azienda e perché è così influenzabile; sicuramente il valore di una società quotata in un mercato regolamentato, oltre che dovuto alla bontà o meno dei propri parametri finanziari ed economici, subisce anche eventuali operazioni speculative e/o reazioni del mercato che spesso nulla hanno a che vedere con i trend e le performance della quotata come è il caso descritto in apertura.
Il valore di un’attività economica può essere misurato attraverso la capacità reddituale, i ricavi, i flussi di cassa o i loro tassi di crescita: non c’è un unico metodo condiviso o applicabile ad ogni situazione. Sicuramente quello dei flussi di cassa positivi è uno dei più utilizzati per poter affermare che la tal società ha valore ma non è sufficiente. Infatti l’applicazione del metodo finanziario per la valutazione non consente di capire, da solo, se l’attività in analisi sia in una fase di creazione di ulteriore valore o se invece lo stia distruggendo.
E’ quindi consigliabile scomporre i flussi di cassa in due: il tasso di rendimento del capitale investito (ROIC, Return On Invested Capital) e il tasso di crescita dei ricavi. Si crea valore quando il ROIC è maggiore del costo dell’investimento (WACC o costo medio ponderato del capitale): un capitale che costa il 6% e genera un rendimento del 10% è più che remunerativo; viceversa se il rendimento fosse del 4% indica un impiego del capitale meno fruttuoso del suo costo. La crescita dei ricavi indica invece la velocità con la quale si crea o si distrugge il valore.
Di conseguenza l’elemento fondamentale per la creazione di valore è il ROIC perché comporterà sempre un aumento del valore se maggiore del costo dell’investimento, mentre la crescita dei ricavi è un acceleratore della creazione o della distruzione del valore.
Come detto in apertura il valore misurato dalla quotazione di borsa è molto spesso influenzato da tanti fattori, basti ricordare la bolla speculativa del “dot-com” o della new economy a metà degli anni ’90: l'euforia generale derivante dai concetti di ‘sviluppo', ‘progresso' e ‘crescita', associati a un settore all'avanguardia come quello della new economy, alimentò le aspettative di futuri e continui aumenti del valore dei titoli emessi dalle aziende del comparto, a prescindere dalle informazioni espresse dai tradizionali indicatori di redditività (quali utili, prodotti, indebitamento, beni materiali, disponibilità liquide, previsioni di crescita). Inaspettatamente, a marzo 2000, i bilanci pubblicati da diverse aziende mostrarono risultati deludenti, fornendo evidenza che l'investimento nelle società del comparto poteva rivelarsi non profittevole. Le quotazioni cominciarono a calare, per effetto delle vendite da parte di coloro che intendevano disinvestire prima che i titoli in portafoglio si svalutassero ulteriormente così che nel corso del 2001 molte dot-com companies chiusero o furono oggetto di fusioni o acquisizioni.
Elemento tipico degli eventi speculativi è l’attitudine degli investitori a mettere in atto comportamenti imitativi ispirati all’agire comune, sia nella fase di crescita (euforia del momento) che nella fase di scoppio della bolla (paura diffusa).
Il gesto del calciatore non ha innescato una bolla (e ci mancherebbe) ma può aver dato luogo a timori momentanei di perdita di valore del titolo che hanno amplificato la distruzione di valore.
Comments