Esiste un variegato insieme di enti, associazioni, comitati, fondazioni che, a seconda delle caratteristiche peculiari, si raggruppano sotto le definizioni di associazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, onlus, associazioni sportive dilettantistiche, ognuna delle quali disciplinata da
leggi specifiche che finivano per rendere poco chiara l’analisi e la scelta da effettuare.
Il settore riveste un’enorme importanza dal punto di vista del numero degli associati e volontari che, secondo l’Istat, raggiungono rispettivamente il numero di circa cinque milioni per i primi e quattro per i secondi. Tradizionale mondo di mezzo tra Stato, spesso deficitario, inefficiente o disinteressato, e Mercato le cui logiche di profitto non danno spazio alle attività sociali e assistenzialistiche.
Ecco che a disciplinarlo in maniera organica interviene il D.L. 117/2017, più noto come Codice del Terzo Settore (CTS), con un impianto normativo volto da una parte a mettere ordine e garantire trasparenza e dall’altra a facilitare il lavoro di utilità sociale con una serie di agevolazioni di natura fiscale ma anche, o forse soprattutto, con l’accesso alla personalità giuridica, fino ad ora riservato a poche associazioni, e con l’introduzione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il quale solo recentemente (settembre 2020) ha emanato con apposito decreto le procedure e le istruzioni per adempiere alle relative iscrizioni. Dunque ci sono voluti più di tre anni per portare a compimento la riforma con i relativi decreti di attuazione a testimonianza della complessità e farraginosità della materia del no profit.
Sono state individuate sette fattispecie di enti del terzo settore: le Organizzazioni di Volontariato, le Associazioni di Promozione Sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso e quella residuale di ente del terzo settore alla quale si possono iscrivere tutte le realtà che hanno le caratteristiche di ente del terzo settore ma non sono riconducibili ad alcuna delle sei precedenti.
L’art. 5 del CTS elenca le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli Enti del Terzo settore. Si tratta di un elenco, probabilmente aggiornabile, che riordina le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) ma ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo).
L’iscrizione al RUNTS non è obbligatoria ma se viene effettuata questa scelta, oltre all’adeguamento dello statuto dell’ente ai contenuti obbligatori previsti, gli ETS dovranno osservare diversi obblighi riguardanti il funzionamento degli organi sociali, la formazione e la trasparenza dei bilanci, la destinazione degli utili e del patrimonio.
A fronte di tutto ciò sono però previste una serie di esenzioni e incentivi fiscali (per gli enti, i donatori e gli investitori), risorse dal nuovo Fondo progetti innovativi, il lancio dei “social bonus” e dei “Titoli di solidarietà”.
Gli ultimi due strumenti si riferiscono i primi ad un meccanismo che consente di far ottenere altre forme di sconti fiscali su donazioni effettuate per rimettere in sesto nuove sedi di proprietà pubblica destinate ad ETS mentre i secondi consentono di ottenere sia una donazione da un istituto di credito sia un vero e proprio finanziamento a tassi agevolati.
Quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, cioè favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, nello svolgimento di attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà”, comincia a prendere forma con un corpus normativo unitario sul piano civilistico e fiscale.
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